Abusi sui bambini sordi dell’istituto Provolo: 42 anni di carcere per un sacerdote veronese. Ma i giudici di Venezia rigettano la richiesta argentina di arrestare un altro religioso italiano, scappato a Verona
Dall’altra parte del mondo, la magistratura argentina ha pronunciato pochi giorni fa
una sentenza storica. Per la prima volta un’autorità giudiziaria ha condannato due sacerdoti dell’Istituto Provolo, che ha la casa madre a Verona, per una serie di abusi e violenze sessuali commessi tra il 2005 e il 2016 su vittime minorenni: bambini sordi, spesso orfani, che vivevano nell'educandato di Mendoza. Una sentenza pesante, che conferma la gravità dei fatti attribuiti ai religiosi della Compagnia di Maria, la congregazione vaticana che gestisce l'istituto Provolo: 45 anni di reclusione per il prete argentino Horacio Corbacho, 42 anni per il sacerdote veronese Nicola Corradi, che del centro di Mendoza è stato anche direttore. Condannato a 18 anni anche il giardiniere della scuola, il 57enne Armando Gómez.
I tre imputati sono stati arrestati nel novembre 2016. Don Corradi ha poi ottenuto i domiciliari per motivi di salute. All'arresto è invece sfuggito un altro religioso veronese, Eliseo Pirmati, accusato di violenza sessuale aggravata, atti osceni e corruzione di minorenni in un procedimento collegato, che riguarda un'altra sede del Provolo in Argentina.
Un'inchiesta giornalistica dell'Espresso ha rivelato che il religioso italiano, dopo i primi arresti in Argentina, è tornato a Verona, sfuggendo così al successivo mandato di cattura. Nel giugno scorso Pirmati è stato filmato dall'Espresso mentre andava a messa e poi rientrava nella sede centrale del Provolo a Verona, dove ha un alloggio. Sull'inchiesta argentina, ha detto solo: «Non so niente». Quindi i giudici argentini hanno presentato alle autorità italiane una formale richiesta di estradizione, trasmessa l’8 ottobre scorso ai magistrati di Venezia. Qui, dieci giorni dopo, la Procura generale ha rigettato la domanda argentina, come risulta dal provvedimento, datato 18 ottobre 2019, di cui l'Espresso ha ottenuto copia.
Un no mitigato da una richiesta di «informazioni supplementari», che in futuro potrebbe portare a una decisione diversa, almeno in teoria. Nell'atto di rigetto, il sostituto procuratore generale Maristella Cerato scrive che «la documentazione pervenuta risulta carente di alcuni elementi essenziali», previsti dalla Convenzione di estradizione tra Italia e Argentina siglata nel 1992. I dati mancanti o incompleti riguardano l'esatta identificazione del ricercato, la precisa qualificazione giuridica delle accuse, la data di emissione degli atti giudiziari trasmessi in Italia e l'epoca di commissione dei reati, che è fondamentale per calcolare la prescrizione: il termine di scadenza dei reati, che in base alla legge italiana (ora modificata) potrebbe garantire l'impunità per le accuse più remote, anche in caso di accertata colpevolezza.
Le condanne argentine riguardano abusi sistematici su bambini minorenni, dai 5 ai 17 anni, spesso orfani o con genitori molto poveri. Il collegio presieduto dal giudice Carlos Díaz ha ordinato di assicurare la massima diffusione della sentenza anche nella lingua dei segni, in cui è stato tradotto in simultanea l’intero dibattimento iniziato il 5 agosto scorso. Tra gli altri indagati, in due procedimenti diversi ma collegati, compaiono anche una suora e undici dipendenti civili dell’istituto Provolo di Mendoza. E decine di altri accusati nella sede di La Plata.
Le pesanti condanne in Argentina e lo stop italiano all'estradizione, almeno temporaneo, approfondiscono ancora di più il solco tra due nazioni con grandi legami storici. In Argentina il caso Provolo è considerato uno dei più gravi scandali di pedofilia nella Chiesa cattolica. In Italia il caso fu scoperchiato solo da un'inchiesta dell'Espresso firmata da Paolo Tessadri, che raccolse le prime testimonianze, videoregistrate, di decine di vittime. La successiva istruttoria eccelesiastica, però, si è chiusa senza alcuna condanna. E la magistratura veronese ha dovuto archiviare tutte le accuse per prescrizione. Gli atti della lacunosa istruttoria vaticana, recuperati l'anno scorso dall'Espresso, mostrano che i vertici del Provolo si limitavano a trasferire da una sede all'altra i religiosi accusati da diverse vittime. Tra loro, spicca proprio don Corradi, che fu spostato negli anni Settanta da Verona in Argentina, dove secondo la sentenza di ieri ha ricominciato ad abusare dei bambini. Una trama che ricorda il caso Spotlight, il film sullo scandalo dei preti pedofili americani svelato da un'inchiesta giornalistica del Boston Globe.
Fonte: L'Espresso.it
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