giovedì 3 luglio 2014

IL DEBUTTO DI MATTEO RENZI A STRASBURGO"NON CHIEDIAMO SCORCIATOIE"


Il discorso di inaugurazione del semestre di presidenza italiana. «L’Europa mostra il volto della noia» dice il premier che poi chiede più investimenti: «Senza crescita, nella Ue non c'è futuro»


La cravatta non è la solita, viola, ma è turchese. L’occasione è importante però, importantissima, per Matteo Renzi, che debutta al parlamento europeo e inaugura il semestre a guida italiana. Lo fa con una battuta il premier: «Se permettete», dice ai deputati europei che lo ascoltano, «secondo voi, se oggi l’Europa si facesse un selfie, che immagine verrebbe fuori? Emergerebbe il volto della stanchezza, della rassegnazione». «L’Europa» insomma, «mostrerebbe il volto della noia».
E il volto della crisi, certo, perché a quella, «e non alla cultura che abbiamo in comune», fa pensare il passaggio di testimone tra Grecia e Italia alla guida del semestre. E invece Renzi immagina «una smart europe», così la chiama, «più semplice» e con «più anima», «perché» dice il premier «se si tratta solo di unire le nostre burocrazie a noi italiani basta e avanza la nostra».

«Non sottovaluto le questione economiche e finanziarie, ma la vera grande sfida che attende il nostro continente è ritrovare il modo di stare insieme», continua il premier che però poi non si sofferma sui vincoli, sul pareggio di bilancio. Non chiede al Parlamento quella flessibilità che dice di aver ottenuto nei vertici coi leader. E forse perché, come ha detto al Parlamento dell'Aja il premier olandese Mark Rutte, «all'ultimo vertice Ue Olanda e Germania hanno stoppato il tentativo di Francia e Italia di ammorbidire le regole di bilancio». Versione, quella di Rutte, che combacia con quella del ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che nei giorni scorsi al Financial Times aveva spiegato di non aver mai sentito, addirittura, «il premier italiano e neppure nessun altro» chiedere più flessibilità sui patti europei.

Più crescita, quella sì, Renzi la chiede. Chiede più investimenti, e lo fa ricordando più volte che «l’Italia versa più di quanto riceve» nelle casse dell’Unione. «Non c’è un’Italia che chiede scorciatoie», dice, «ma c’è una generazione nuova», alla guida di un paese «farà sentire con tutta la sua forza la sua voce», e lo farà «con la forza di un paese che dà meno di quanto intasca». E lo farà con la forza di un leader che, senza curarsi troppo di risultare spaccone, ricorda a tutti che «nessuno ha preso i voti del Pd», e che il Pd «ha preso tutti quei voti senza scaricare la responsabilità sull’Europa, ma dicendo che dobbiamo essere noi i primi a cambiare».
Il premier si è invece soffermato molto sull’immigrazione. «Le difficoltà che ci sono in Libia» ha detto «stanno portando a una serie di stragi nel mediterraneo», nel «mare nostrum, per i latini». Renzi si è detto convinto che «riusciremo a far meglio attraverso Frontex plus», tutti insieme. Perché «l'Europa non può rinchiudersi nelle proprie frontiere» e deve invece avere «più peso in Africa» da dove partono i migranti. Anzi, «proviamo a rovesciare l'approccio» dice ancora Renzi, «l'Africa deve vedere un protagonismo maggiore dell'Europa, non solo investimenti d'azienda, con il tentativo di andare ad affrontare la questione energetica, ma anche nella dimensione umana». «Voi» dice ai parlamentari, «rappresentate un faro di cività, la globalizzazione della civilizzazione».

Parla venti minuti, Renzi, con al fianco il ministro Federica Mogherini. Convince Gianni Pittella, che si lancia in una rincorsa sulle  metafore: «se dovessi scrivere un tweet sul suo intervente scriveri “autorevole ambizioso, appassionato, concreto”». Non convince, se non stilisticamente, il leader dell’Ukip Nigel Farage: «È stata una performance da 7. Da Renzi molta passione ma poca sostanza. In termini di contenuti ha parlato poco di economia. Si tratta di un giovane Tony Blair con un discorso di afflato europeo ma di sostanza c'è molto poco, soprattutto su temi economici». Non convince, Renzi, neanche il leader dei Popolari europei, Manfred Weber, secondo cui «troppe volte le riforme promesse non si sono viste». Weber interviene per chiudere anche lui la via della flessibilità sui conti: «Come possiamo essere sicuri che saranno fatte le riforme?» si chiede, «e come spieghiamo a Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro e Spagna che con i Paesi del G7 siamo più flessibili?». Insomma: «Nessuna differenza tra grandi e piccoli nella Ue», e speriamo che Renzi «faccia i  compiti a casa», «faccia quello che ha promesso di fare». «Poi valuteremo».

Fonte;L'Espresso.it

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