venerdì 2 agosto 2013

BERLUSCONI,IN UN GIORNO E' CROLLATO TUTTO

Condannato in via definitiva a quattro anni perché ha frodato il fisco per decine di milioni. Sbugiardato sul conflitto d'interesse: la Cassazione ha stabilito che non ha mai smesso di comandare a Mediaset anche da premier. Smentito nella grande balla sulla "persecuzione delle toghe rosse milanesi": il verdetto più pesante è stato emesso da cinque moderatissimi magistrati a Roma. Per ora il Cavaliere resta senatore e non va in carcere, ma in autunno può succedere di tutto


Colpevole di aver frodato gli italiani, altro che perseguitato: la Cassazione ha reso definitiva la condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni di reclusione per la maxi-frode fiscale sugli acquisti esteri dei diritti televisivi di Mediaset.

Dopo questo verdetto, per la prima volta, il leader del centrodestra diventa tecnicamente un pregiudicato. La Suprema Corte ha rinviato a un nuovo mini-processo, da celebrarsi a Milano, soltanto la determinazione della durata della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, richiamandosi alla legge speciale sui reati fiscali, che la fissa in un massimo di tre anni.

Per il resto, la condanna inflitta dal tribunale di Milano e confermata dalla corte d'appello è stata integralmente confermata.

Il presidente della sezione feriale della Suprema Corte, Antonio Esposito, ha letto la sentenza dopo circa sette ore di camera di consiglio, chiarendo che il rinvio del processo a Milano è stato deciso "limitatamente" alla questione della pena accessoria, mentre per tutto il resto (giudizio di colpevolezza nel merito e misura della reclusione) la sentenza dei giudici milanesi è diventata fin da adesso "irrevocabile": le difese non hanno più alcuna speranza di modificarla.

La Cassazione ha confermato in via definitiva anche tutte le altre condanne: tre anni e otto mesi per il rappresentante della Fininvest Daniele Lorenzano, tre anni per l'imprenditore americano Frank Agrama, un anno e due mesi per Gabriella Galetto, stretta collaboratrice del defunto manager berlusconiano Carlo Bernasconi.

L'unico aspetto positivo del verdetto per la difesa è il mini-rinvio della pena accessoria, che permette di procrastinare la decadenza di Berlusconi dalle cariche pubbliche e quindi la sua possibile espulsione dal Parlamento, che comunque va ratificata in sede politica e diventerà quindi esecutiva solo dopo un apposito voto dell'assemblea del Senato.

La Cassazione ha accolto quasi del tutto l'impostazione proposta dal sostituto procuratore generale Antonio Mura, che aveva definito Berlusconi "ideatore e organizzatore della frode fiscale" chiedendo la conferma della condanna e mettendo in dubbio solo la durata dell'interdizione, che aveva proposto di abbassare direttamente a tre anni.

La Cassazione invece ha spiegato che anche questa valutazione accessoria, visto che la legge fiscale prevede un possibile ventaglio da sei mesi a tre anni, andrà fatta dai giudici di merito, cioè dai magistrati di Milano, ma in tempi molto stretti, trattandosi di una questione soltanto giuridica, che non richiede un nuovo giudizio con prove o testimoni: l'imputato Berlusconi infatti risulta già chiaramente "colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio".

Con il collegio della Cassazione che ha firmato questa sentenza definitiva, salgono a quindici i magistrati che si sono occupati del processo Mediaset: tutti hanno giudicato Berlusconi colpevole. Nessun giudice di questo processo, invece, l'ha mai considerato innocente, né a Milano né a Roma.

L'accusa confermata in tutti i gradi di giudizio, come si legge nella sentenza d'appello ora diventata definitiva, riguarda una maxi-frode fiscale da almeno 368 milioni di dollari, che per effetto della legge berlusconiana sulla prescrizione facile (la ex Cirielli) è rimasta punibile soltanto per l'ultima fetta da 7,3 milioni di euro.

I tre gradi di giudizio hanno stabilito che Mediaset ha acquistato per anni a prezzi gonfiati tutti i diritti di trasmettere programmi e film americani: la differenza rispetto al prezzo reale finiva su conti esteri di società off-shore controllate personalmente da Berlusconi. In questo modo Mediaset ha potuto dichiarare al fisco costi inesistenti, pagando così molte meno tasse. E in realtà i soldi pagati in più, con ricarichi dal 48 al 300 per cento, finivano nei paradisi fiscali, su conti off-shore personali di Berlusconi.

La sentenza definitiva specifica inoltre che Berlusconi ha continuato a essere non solo il vero capo e "dominus" di Mediaset, ma anche il gestore e beneficiario di tutto il "nero" quantomeno "fino al 1998".
 Soltanto durante il 1994, l'anno della discesa in campo e del suo primo governo, il sistema delle off-shore televisive ha pompato sui conti neri di Berlusconi ben 197 milioni di dollari. Solo lui sa dove sono finiti i soldi: le inchieste, fermate dai muri di gomma dei paradisi fiscali, hanno potuto ricostruire soltanto che dopo le indagini di Mani Pulite e fino al 1996 il tesoro è stato nascosto alle Bahamas, sotto la regia dell'impenetrabile (e delinquenziale) banca Arner.

Nonostante la condanna definitiva, grazie alla legge sull'indulto del 2006, Berlusconi non rischia concretamente il carcere: tre anni sono già condonati in partenza e per i dodici mesi residui rischia al massimo i domiciliari in una delle sue ville in Italia e potrà evitare anche quelli chiedendo l'affidamento ai servizi sociali, cioè una misura alternativa che comporta l'obbligo di lavorare a favore della collettività.

I veri rischi giudiziari per Berlusconi riguardano i processi futuri, a cominciare dal caso Ruby, dove è stato condannato in primo grado a sette anni di reclusione.
 
Fonte; L'Espresso
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