Nel farsi e disfarsi della famiglia, nel suo frantumarsi e
ricomporsi, sono gli anziani che spesso rimangono soli. Ma non
sempre. Giovanni, avvocato di Bologna, ha deciso di portare a
vivere in casa sua la suocera, un'ex professoressa. Era in una casa
di riposo, 1.600 euro di pensione ma 2.600 al mese la retta. «Prima
io e mia moglie riuscivamo ad aiutarla integrando la sua pensione,
ma ora ogni lira serve, perciò abbiamo deciso che verrà a vivere da
noi». Così eccoli di nuovo tutti insieme come un tempo, genitori,
nonni e figli sotto lo stesso tetto, come negli anni Cinquanta
quando diverse generazioni convivevano e le rivendicazioni di
autonomia erano lontane.«E' lo scheletro contadino dell'Italia: i legami si allentano ma
non si spezzano», spiega Giulio De Rita, ricercatore del Censis che
ha recentemente presentato un'indagine sulla famiglia italiana per
la multinazionale Procter&Gamble. «Le relazioni familiari
uniscono in una rete di solidarietà che accoglie non soltanto
quelli che vivono sotto lo stesso tetto. Le famiglie si allungano e
ramificano, si dilatano, resistono. Fenomeno che, se guardiamo solo
alle convivenze e alle coabitazioni, rischiamo di non capire. La
famiglia si restringe, è vero, e ha sempre meno componenti, ma
spesso i figli vanno ad abitare vicino ai genitori, in un modo di
vivere che, se si va a guardar bene, non è poi tanto lontano dal
modello della cascina contadina, dove le situazioni interne via via
mutano ma si resta pur sempre tutti insieme». Michela Bolis,
sociologa, docente all'università Cattolica di Milano, ha fatto
un'indagine sulle nuove coppie e i loro modi di abitare. I
risultati sono netti e sconcertanti. «La maggioranza delle persone,
che si sposi o vada a convivere, non si allontana mai molto
dall'abitazione dei genitori. I due terzi rimangono nello stesso
comune di residenza, spesso poco lontano da casa», spiega. «L'uscita dalla famiglia d'origine non è mai un'uscita vera e
propria. I modelli abitativi, da noi, vengono tramandati dai
genitori ai figli; così come permangono le stesse modalità di
relazione con il territorio. Non c'è accesso al lavoro che valga
quanto rimanere nel proprio territorio di riferimento, che poi è
quello dei genitori».
Tutto questo mentre le cifre scandiscono una continua
trasformazione, o sarebbe meglio dire una disfatta. Un bollettino
di guerra in cui la famiglia sembra andare in pezzi: nell'ultimo
decennio, dal 2000 al 2010, secondo dati Istat, le unioni libere
sono aumentate del 159 per cento, le famiglie ricostituite del 66,
le madri sole del 78, i padri soli del 63, i single non vedovi
dell'88, le famiglie monogenitoriali del 18 e le coppie senza figli
del 20.
Ce ne sarebbe abbastanza per dire che abbiamo voltato pagina,
invece...«In una ricerca realizzata dal Censis, alla richiesta
"che cosa conta realmente nella vita" oltre il 96 per cento ha
indicato la famiglia in cui è nato; una quota analoga ha indicato
la famiglia che si è costruito», spiega Giulio De Rita. «La
famiglia conta più della libertà, della realizzazione
professionale e della sessualità, tutte esperienze che
rappresentano invece il rischio, il cercare nuovi orizzonti».
Trasformazioni e contraddizioni. Novità e nostalgia. «Quello che
sorprende è anche il ritorno delle figure genitoriali, in
particolare del padre, come modelli da prendere ad esempio. Nel
1988 circa il 15 per cento degli intervistati diceva di avere il
padre come proprio modello, nel 2011 è salito al 22 per
cento».
Non sono solo queste le sorprese. Contraddizioni arrivano anche dal
fronte delle unioni libere: aumentano, ma per la maggioranza degli
italiani il matrimonio rimane un'unione sacra. «Tutti i rapporti
di coppia stabili hanno di per sé un senso sacrale», spiega De
Rita: «Qualsiasi unione in cui ci si dichiara rispetto e fedeltà
è considerato un vincolo sacro. Sembra una grossa contraddizione
quella che stiamo rilevando proprio nelle ultime indagini, ma
questa è la radice contadina che neanche la Chiesa sa più
interpretare più. Quell'anima di cui non ci liberiamo neanche col
modernismo più acceso». Sacralità dell'unione mentre
diminuiscono i matrimoni religiosi; mentre le coppie coniugate con
figli - il modello di famiglia tradizionale - diventa sempre più
minoritario. «Quello che colpisce», interviene Linda Laura
Sabbadini, dirigente dell'Istat, «è che le coppie coniugate con
figli siano scese al 30 per cento. Una quota molto bassa. Anche i
matrimoni religiosi sono in forte calo: in Lombardia le unioni
civili hanno fatto il sorpasso. Mentre tutto questo avviene, però,
assistiamo a una contaminazione continua di vecchio e nuovo, a un
mix di antico e moderno che è poi il modo italiano di vivere il
cambiamento».
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