lunedì 19 aprile 2021

CALCIO : NASCE LA SUPER LEGA COSA SUCCEDERA'...?

 Il comunicato delle 12 squadre fondatrici diramato poco dopo la mezzanotte, Andrea Agnelli sarà vice presidente e si dimette dall'Eca. Uefa e Fifa: "Chi aderisce è fuori dai campionati nazionali e dai Mondiali"


Il comunicato ufficiale arriva pochi minuti dopo la mezzanotte: "Dodici club europei di calcio annunciano congiuntamente un accordo per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai Club Fondatori”. Una lunga nota che chiude – ma soltanto per ragioni di orario – una giornata a dir poco incandescente per lo sport più popolare del mondo. Quello che potrebbe sancire una spaccatura tra alcuni dei club più prestigiosi d’Europa, Uefa, Fifa e leghe nazionali.


IL COMUNICATO


"AC Milan, Arsenal FC, Atlético de Madrid, Chelsea FC, FC Barcelona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur hanno tutti aderito in qualità di Club Fondatori – si legge nel comunicato notturno – È previsto che altri tre club aderiranno come Club Fondatori prima della stagione inaugurale, che dovrebbe iniziare non appena possibile.

In futuro i Club Fondatori auspicano l'avvio di consultazioni con UEFA e FIFA al fine di lavorare insieme cooperando per il raggiungimento dei migliori risultati possibili per la nuova Lega e per il calcio nel suo complesso. La creazione della Super League arriva in un momento in cui la pandemia globale ha accelerato l'instabilità dell'attuale modello economico del calcio europeo. Inoltre, già da diversi anni, i Club Fondatori si sono posti l'obiettivo di migliorare la qualità e l'intensità delle attuali competizioni europee nel corso di ogni stagione, e di creare un formato che consenta ai top club e ai loro giocatori di affrontarsi regolarmente".


Fonte La Repubblica.it

mercoledì 27 novembre 2019

L'ARGENTINA CONDANNA I PRETI PEDOFILI MA L'ITALIA RIFIUTA L'ESTRADIZIONE


Abusi sui bambini sordi dell’istituto Provolo: 42 anni di carcere per un sacerdote veronese. Ma i giudici di Venezia rigettano la richiesta argentina di arrestare un altro religioso italiano, scappato a Verona




L'Argentina condanna i preti pedofili, ma l'Italia nega l'estradizione del ricercato: un religioso che è sfuggito all'arresto scappando a Verona, dove vive libero e indisturbato.

Dall’altra parte del mondo, la magistratura argentina ha pronunciato pochi giorni fa 

una sentenza storica. Per la prima volta un’autorità giudiziaria ha condannato due sacerdoti dell’Istituto Provolo, che ha la casa madre a Verona, per una serie di abusi e violenze sessuali commessi tra il 2005 e il 2016 su vittime minorenni: bambini sordi, spesso orfani, che vivevano nell'educandato di Mendoza. Una sentenza pesante, che conferma la gravità dei fatti attribuiti ai religiosi della Compagnia di Maria, la congregazione vaticana che gestisce l'istituto Provolo: 45 anni di reclusione per il prete argentino Horacio Corbacho, 42 anni per il sacerdote veronese Nicola Corradi, che del centro di Mendoza è stato anche direttore. Condannato a 18 anni anche il giardiniere della scuola, il 57enne Armando Gómez.


I tre imputati sono stati arrestati nel novembre 2016. Don Corradi ha poi ottenuto i domiciliari per motivi di salute. All'arresto è invece sfuggito un altro religioso veronese, Eliseo Pirmati, accusato di violenza sessuale aggravata, atti osceni e corruzione di minorenni in un procedimento collegato, che riguarda un'altra sede del Provolo in Argentina. 

Un'inchiesta giornalistica dell'Espresso  ha rivelato che il religioso italiano, dopo i primi arresti in Argentina, è tornato a Verona, sfuggendo così al successivo mandato di cattura. Nel giugno scorso Pirmati è stato filmato dall'Espresso mentre andava a messa e poi rientrava nella sede centrale del Provolo a Verona, dove ha un alloggio. Sull'inchiesta argentina, ha detto solo: «Non so niente». Quindi i giudici argentini hanno presentato alle autorità italiane una formale richiesta di estradizione, trasmessa l’8 ottobre scorso ai magistrati di Venezia. Qui, dieci giorni dopo, la Procura generale ha rigettato la domanda argentina, come risulta dal provvedimento, datato 18 ottobre 2019, di cui l'Espresso ha ottenuto copia.

Un no mitigato da una richiesta di «informazioni supplementari», che in futuro potrebbe portare a una decisione diversa, almeno in teoria. Nell'atto di rigetto, il sostituto procuratore generale Maristella Cerato scrive che «la documentazione pervenuta risulta carente di alcuni elementi essenziali», previsti dalla Convenzione di estradizione tra Italia e Argentina siglata nel 1992. I dati mancanti o incompleti riguardano l'esatta identificazione del ricercato, la precisa qualificazione giuridica delle accuse, la data di emissione degli atti giudiziari trasmessi in Italia e l'epoca di commissione dei reati, che è fondamentale per calcolare la prescrizione: il termine di scadenza dei reati, che in base alla legge italiana (ora modificata) potrebbe garantire l'impunità per le accuse più remote, anche in caso di accertata colpevolezza.

Le condanne argentine riguardano abusi sistematici su bambini minorenni, dai 5 ai 17 anni, spesso orfani o con genitori molto poveri. Il collegio presieduto dal giudice Carlos Díaz ha ordinato di assicurare la massima diffusione della sentenza anche nella lingua dei segni, in cui è stato tradotto in simultanea l’intero dibattimento iniziato il 5 agosto scorso. Tra gli altri indagati, in due procedimenti diversi ma collegati, compaiono anche una suora e undici dipendenti civili dell’istituto Provolo di Mendoza. E decine di altri accusati nella sede di La Plata.

Le pesanti condanne in Argentina e lo stop italiano all'estradizione, almeno temporaneo, approfondiscono ancora di più il solco tra due nazioni con grandi legami storici. In Argentina il caso Provolo è considerato uno dei più gravi scandali di pedofilia nella Chiesa cattolica. In Italia il caso fu scoperchiato solo da un'inchiesta dell'Espresso firmata da Paolo Tessadri, che raccolse le prime testimonianze, videoregistrate, di decine di vittime. La successiva istruttoria eccelesiastica, però, si è chiusa senza alcuna condanna. E la magistratura veronese ha dovuto archiviare tutte le accuse per prescrizione. Gli atti della lacunosa istruttoria vaticana, recuperati l'anno scorso dall'Espresso, mostrano che i vertici del Provolo si limitavano a trasferire da una sede all'altra i religiosi accusati da diverse vittime. Tra loro, spicca proprio don Corradi, che fu spostato negli anni Settanta da Verona in Argentina, dove secondo la sentenza di ieri ha ricominciato ad abusare dei bambini. Una trama che ricorda il caso Spotlight, il film sullo scandalo dei preti pedofili americani svelato da un'inchiesta giornalistica del Boston Globe.

Fonte: L'Espresso.it

mercoledì 28 agosto 2019

ALLARME FENTANYL ECCO PERCHE' E' LETALE




Ultima vittima, lo chef Zamperoni morto a New York. Ecco perché è così letale


 Il Vietnam, per uccidere 60mila giovani americani, ha avuto bisogno di 15 anni. Al Fentanyl sono bastati gli ultimi due. L’oppioide che ha dato il colpo di grazia allo chef Andrea Zamperoni oggi negli Usa fa strage più degli incidenti stradali ed è la prima causa di mortalità fra i giovani. Nel 2018 il presidente Trump l’ha dichiarato “emergenza nazionale”. Da allora poliziotti, pompieri e paramedici girano con il naloxone, farmaco di primo intervento.

La strage americana (200mila morti dal 2014) fa tremare il resto del mondo, Italia compresa. «Il Fentanyl e le sostanze illegali simili sono fra 100 e 1000 volte più potenti dell’eroina» spiega Simona Pichini, prima ricercatrice all’Istituto Superiore di Sanità, esperta di nuove droghe. «La dose letale è di pochi microgrammi: un granello. Basta toccarlo o inalarlo per caso». Tute ermetiche e maschere sono d’obbligo per chi effettua i sequestri. Del Fentanyl, però, nell’ultima relazione del Dipartimento antidroga italiano non c’è quasi traccia. I sequestri si contano sulle dita. Il problema da noi non esiste? «Non sappiamo. Identificare queste sostanze è complicato. Solo ora stiamo imparando» dice Pichini.

In Italia tra 2016 e 2017 le morti per overdose sono salite del 9,7% dopo 15 anni di calo. «Non siamo sicuri che c’entri il Fentanyl. Servirebbero analisi tossicologiche costose, che solo pochi laboratori sanno fare. Difficile che siano disposte per un’overdose» spiega Pichini. «I derivati del Fentanyl sono ben più di 50. Come per il doping, ne arrivano sempre di nuovi. Per dare un nome a una sostanza abbiamo bisogno di un campione: “lo standard”. Ottenerlo richiede autorizzazioni a non finire e ditte specializzate che ce lo inviino dall’estero. Ci mettiamo un anno».

A oggi i laboratori italiani si sono procurati 22 “standard”. Sanno cioè riconoscere 22 derivati del Fentanyl: sostanze con piccole differenze chimiche. «Sono assai meno della metà delle sostanze in circolazione» spiega Luca Morini, tossicologo dell’università di Pavia. «Sospettiamo che venga spacciato al posto dell’eroina o venga usato per tagliarla. Ha un prezzo concorrenziale» spiega Marica Orioli, che dirige il laboratorio di tossicologia forense al Dipartimento di scienze biomediche dell’università di Milano. «Chi lo ha usato racconta che “sale rapido” ed è piacevole. Ma fra i campioni del boschetto di Rogoredo non siamo mai riusciti a identificarlo».

La “vittima zero” in Italia è stata trovata solo per testardaggine. «Era un 39enne di Milano. Aveva comprato droga sul web» spiega Orioli, che si è occupata del caso. «Sembrava una normale overdose: siringa, accendino, buchi nel braccio. Ma nel corpo non c’era traccia di eroina. Ci siamo incaponiti e abbiamo trovato un analogo del Fentanyl». Tempo: un anno e mezzo. La morte è di aprile 2017, la fine delle analisi di settembre 2018. Storia simile per la seconda vittima italiana: un 59enne di Varese, nel 2018. «Aveva accanto a sé resti di polvere» spiega Morini, che con i colleghi ha effettuato i test. «I Carabinieri si sono accorti che era un analogo del Fentanyl. Noi per avere lo standard abbiamo impiegato quasi un anno. I test, dopo, richiedono solo 2-3 settimane».

Il paradosso del Fentanyl è che non viene dal mondo dello spaccio, ma dalla farmaceutica. È usato dagli anni ‘60 come anestetico e antidolorifico. Dalle corsie, complici le prescrizioni facili (11 milioni di persone negli Usa lo prendono indebitamente e il 5% dei bambini nasce in astinenza), è debordato nelle strade. Fra le vittime illustri, il cantante Prince. Ieri un tribunale dell’Oklahoma ha condannato la Johnson & Johnson (produttrice storica di oppioidi) a 572 milioni per aver sottovalutato i rischi e spinto i medici alle prescrizioni. Uno degli avvocati dell’accusa aveva perso il figlio. Di cause simili gli Usa ne hanno 2mila. Ma le azioni dell’azienda ieri sono salite del 2%. Era attesa una multa più alta. Per il business, va bene così.

Fonte: Repubblica.it

lunedì 10 giugno 2019

PEDOFILIA I BIMBI SORDOMUTI ABUSATI DAI PRETI : COSI GLI ORCHI VENIVANO PROTETTI





«Un prete italiano dichiarato latitante. Oltre venti arrestati tra sacerdoti, chierici, suore, educatori e guardiani. E centinaia di vittime: bambini sordi o sordomuti, spesso orfani e poverissimi, che denunciano anni di violenze e abusi sessuali nei collegi argentini dell'istituto religioso italiano Antonio Provolo. Una congregazione che ha il quartier generale a Verona, dove si è rifugiato il prete italiano ora ricercato dai giudici argentini, che ne hanno chiesto l'estradizione per una lunga serie di abusi raccapriccianti su minorenni invalidi».

Gli atti giudiziari su decine di casi di pedofilia emersi a Buenos Aires a partire dal 2016, quando furono arrestati i primi religiosi dell'istituto Provolo, riguardano i collegi di La Plata e Mendoza, fondati e diretti da sacerdoti italiani ora inquisiti. Nelle ordinanze d'arresto, finora inedite, i giudici argentini scrivono che i piccoli sordomuti senza famiglia venivano sottoposti a violenze e maltrattamenti che «in nulla si differenziano dalla tortura» e «riduzione in schiavitù».

Gli abusi sui bambini, secondo le testimonianze delle vittime, sono «iniziati più di 50 anni fa e proseguiti fino al 2015 almeno». Secondo l'inchiesta, realizzata da L'Espresso in collaborazione con i cronisti argentini della testata investigativa Perfil, «per decenni i vertici dell'istituto Provolo, sia in Italia che in Argentina, si limitavano a trasferire i sacerdoti sospettati di pedofilia, senza punirli né denunciarli alla giustizia. Per questo gli abusi sui bambini hanno potuto ripetersi in altre scuole e collegi, dagli anni '70 fino agli arresti di questi mesi, spesso con gli stessi protagonisti. Che dall'Italia hanno contagiato l'Argentina. Le violenze nei collegi di La Plata e Mendoza - scrive il settimanale - iniziano in coincidenza con l'arrivo di religiosi italiani trasferiti da Verona per 'immoralità sessualè, ma rimasti sacerdoti e mandati a dirigere i centri argentini per minorenni sordomuti».
In Italia lo scandalo degli abusi sui bambini nei centri veronesi dell'istituto Provolo era stato scoperchiato nel gennaio 2009 da un'inchiesta giornalistica dell'Espresso, firmata da Paolo Tessadri, che aveva pubblicato le prime testimonianze, scritte e firmate, di 15 vittime. «La successiva istruttoria ecclesiastica, condotta dalla Congregazione per la dottrina delle fede, è stata chiusa però nel 2011 con risultati quasi totalmente assolutori: gli atti, finora inediti, documentano che è stato giudicato colpevole un solo sacerdote, su un totale di 26 accusati, mentre decine di vittime non sono state mai ascoltate - rileva l'Espresso - Tra i religiosi scagionati da quell'inchiesta religiosa compaiono anche preti italiani ora agli arresti in Argentina.
Le carte inoltre mostrano che per cancellare ogni accusa su uno storico vescovo veronese, morto nel 1980 e dichiarato beato nel 2015, è stato utilizzato un documento-chiave che oggi risulta 'falsificatò». «Papa Francesco Bergoglio - conclude il settimanale - non è in alcun modo coinvolto nello scandalo e non è mai citato nelle indagini italiane e argentine. Anzi, nel 2017 ha sanzionato e commissariato la congregazione del Provolo».
fonte Il Messaggero.it

venerdì 8 febbraio 2019

APPLE PAGA GLI STUDI AL RAGAZZO CHE HA SCOVATO BUG FACE TIME



Apple contribuirà a sostenere gli studi di un ragazzo texano che ha scoperto una falla di FaceTime, un bug che, in alcuni casi, consentiva agli utenti di ascoltare l'audio e vedere le immagini catturate dall'iPhone del destinatario di una chiamata prima che questo rispondesse. Il quattordicenne che ha scovato il problema si chiama Grant Thompson, mentre a segnalarlo ad Apple è stata sua madre, Michele. La famiglia riceverà una ricompensa.
Apple nei giorni scorsi aveva comunicato di aver risolto il problema, e ora ha messo a disposizione un aggiornamento software che riattiva le chiamate di gruppo di FaceTime, sospese dopo la scoperta della falla. Nella nota diffusa la settimana scorsa, la compagnia di Cupertino aveva ringraziato proprio la famiglia Thompson, e si era scusata "con i clienti colpiti e con tutti coloro che si sono preoccupati per questo problema di sicurezza". Apple aveva anche assicurato di aver agito in modo tempestivo, disabilitando le chiamate di gruppo e iniziando a lavorare alla soluzione.
Sulla tempestività e l'adeguatezza dell'intervento di Apple nell'informare e tutelare gli utenti, il procuratore generale dello Stato di New York la settimana scorsa ha avviato un'indagine, mentre martedì due senatori democratici statunitensi hanno chiesto al Ceo Tim Cook di rispondere a domande sulla falla.

FONTE:REPUBBLICA.IT

mercoledì 1 novembre 2017

ARRIVA IL DIGITALE TERRESTRE DUE





IL PASSAGGIO E' PREVISTO NEL 2022 ,DA AGGIORNARE IL 90% DEGLI APPARECCHI


 Il governo spera di guadagnarci almeno 2,5 miliardi di euro con l'asta per le frequenze destinate ai telefonini. I broadcaster temono di doverci rimettere almeno un miliardo in nuove tecnologie con il prossimo switch off. Ma ancora più salato potrebbe essere il conto per i telespettatori: a loro, cambiare gli attuali Tv o decoder, potrebbe costare quasi tre miliardi di euro. Va detto che la decisione la Ue l'ha presa ben tre anni fa, ma soltanto ieri l'Italia e con un emendamento alla Finanziaria che stanzia, visti i numeri generali, appena 100 milioni si è accorta che ben presto dovrà cambiare i decoder per il digitale terrestre. Quelli attuali, dal 2022, non saranno più in grado di trasmettere film, telefilm, partite o show del sabato sera su Rai, Mediaset, La7 o Discovery.

Nel 2014 la Ue ha infatti deciso che i canali televisivi di tutta Europa dovranno lasciare le frequenze sulla banda dei 700Mhz (che in futuro servirà solo per il passaggio dei dati 4G e 5G per smartphone e tablet) per traslocare sui 500 Mhz. Una banda che ha meno spazio per i canali e per questo costringerà gli editori, da un lato, a condividere i multiplex attuali e, dall'altro, li costringerà a utilizzare una nuova modalità di trasmissione: la T2 con codec HEVC.
Secondo gli esperti di telecomunicazioni, almeno dieci milioni di televisori sono obsoleti: o perché senza decoder interno o perché dotati di uno strumento che utilizza l'attuale standard DvBT. Di conseguenza bisognerà presto cambiarli, ma stando attenti a non prendere prodotti superati. Infatti la legge impone dal 2016 ai produttori di televisori di mettere in vendita solo device con tecnologia T2, ma la stessa normativa permette ai rivenditori di commercializzare i vecchi apparecchi se abbinati a un decoder DVB-T2. Da mettere in conto anche i soldi per gli antennisti.

Sempre gli esperti ricordano che è difficile pensare a incentivi per la rottamazione, visto che nel 2011 la Ue costrinse l'Italia a restituire il contributo da 150 euro concesso nel 2004. Per la cronaca il T2 HEVC è una tecnologia molto avanzata: le immagini, in MPEG4 e non in MPEG2, saranno più nitide e gli utenti potranno avere una serie di servizi a valore aggiunto come la possibilità di fare scommesse mentre guardano un evento sportivo, di rispondere a un sondaggio o di comprare un prodotto mentre passa la pubblicità. Ma tutto questo costa, costa tantissimo, tanto che le Tv italiane hanno fatto di tutto finora per boicottare il nuovo switch off. Anche perché la legge non permette in fase transitoria di poter trasmettere contemporaneamente sui 700Mhz e sui 500Mhz, il cosiddetto simulcast. Già è facile ipotizzare che fioccheranno i ricorsi dei broadcaster e delle associazioni dei consumatori. Per esempio l'emendamento in Finanziaria dispone anche che l'informazione locale venga convogliata su un solo multiplex in banda UHF, con il 20 per cento della capacità trasmissiva destinata a Rai3, lasciando il restante 80 al resto delle emittenti locali che si impegneranno a realizzare canali di informazione e servizio pubblico.

Spiega un manager del settore: «Nessuno pensava che sarebbe stata messa in pratica questa follia. Lo dimostra il fatto che soltanto in questi giorni sta prendendo forma al ministero dello Sviluppo la task force per curare lo switch off. In Europa soltanto Francia e Germania sono vicini Questo passaggio è una iattura per tutti. È una iattura per gli editori che con la nuova tecnologia devono cambiare le macchine, i software e persino riposizionare i ripetitori. Le stime più prudenziali sfiorano il miliardo. È una iattura per i telespettatori che dovranno cambiare la tv o i decoder e perdere giornate intere a risintonizzare i canali. È una iattura per la politica, perché gli italiani quando vanno a votare ricordano chi gli ha tolto la tv. Non a caso il governo Berlusconi impose che la transizione durasse sei anni».

Aggiunge Augusto Preta, economista esperto di Media e consulente dell'Agcom: «I broadcaster s'interrogano se vale la pena investire tanti soldi in questa nuova tecnologia, quando nessuno può dire quanti anni durerà ancora la televisione digitale vista la concorrenza del Over The Top come Netflix o Amazon, la migliore qualità del satellite e lo sbarco della fibra che incentiverà l'offerta on demand».

Eppure qualcuno ci guadagna. Intanto lo Stato, che spera di incassare almeno 2,5 miliardi di euro dalle aziende di telefonia, mettendo all'asta le frequenze che si liberano. La Francia, l'unica che finora ha presentato un bando che va in questa direzione, vuole incassare 2,8 miliardi di euro. Ma gli esperti spiegano che Oltrealpe si sono mantenuti cauti sul prezzo finale, perché hanno chiesto alle aziende di Tlc di garantire al sistema alti e costosissimi standard tecnologici. Avranno non pochi benefici i produttori di tv e decoder, che oggi si lamentano che i margini sono molto bassi, visto che per invogliare chi la televisione la vede dal computer hanno deciso di abbassare i prezzi, aumentando le strumentazioni tecnologiche e le app disponibili. Eppoi potrebbero fare bingo le tante piccole Tv oggi in crisi, che nel passaggio dai 700Mhz ai 500Mhz perderanno le frequenze: per loro è previsto un lauto risarcimento. Si parla di una cifra tra i 50 e i 60 milioni di euro, non male per chi oggi fatica a trasmettere tutta la giornata e rischia di portare i libri in tribunale.


Fonte: IL MATTINO.IT